Giuseppe Pontiggia

Per scrivere bene imparate a nuotare
Mondadori


A cura e con postfazione di Cristiana De Santis. Introduzione di Paolo Di Paolo

«Quello non lo insegno.» Così rispondeva Giuseppe Pontiggia a chi gli chiedeva come diventare scrittore. Non basta infatti avere l’attitudine, la volontà, l’ambizione. Come per il nuoto, si possono però ottenere buoni risultati impadronendosi della tecnica, osservando i modelli, allenandosi duramente.

Per scrivere «bene» (con stile) bisogna prima liberarsi da una serie di pregiudizi: che scrittori si nasca, che il talento e l’ispirazione contino più di un severo apprendistato, che un testo letterario (e in generale un testo efficace) nasca già perfetto anziché perfettibile.

Di questo era convinto Pontiggia quando, nel 1985, inaugurava la prima scuola di scrittura in Italia. Una scuola in cui si imparava innanzitutto a leggere. Leggere in senso forte, cominciando dai classici, in un «corpo a corpo» con il testo pensato per affinare la capacità di giudizio e scoprire insieme le potenzialità e i limiti delle proprie risorse espressive. Ma soprattutto per lasciarsi emozionare dalle parole, per esplorarne le stratificazioni, per imparare a usarle in modo responsabile.

Scrivere, per Pontiggia, non è trascrivere le proprie esperienze, sensazioni o memorie, ma andare incontro all’inatteso che sorprende, al nuovo che disorienta: pronti a tornare indietro, e a riscrivere se necessario, per dire nel modo migliore quanto si va scoprendo attraverso il linguaggio. Perché la scrittura è un viaggio che non si lascia pianificare, ma anche il risultato di un lavoro paziente, fatto di un rapporto concreto con il testo, in tutto simile a quello dell’artigiano all’opera nel suo laboratorio. Un laboratorio che Pontiggia ha allestito per anni durante i suoi incontri settimanali al Teatro Verdi di Milano, dialogando con un pubblico eterogeneo (studenti, professionisti, aspiranti scrittori).

Le sue lezioni, pubblicate a metà degli anni Novanta su due riviste («Wimbledon» e «Sette»), sono ora raccolte in un unico volume. Trentatré conversazioni in cui l’autore, in forma di intervista, affronta i molteplici aspetti della scrittura «espressiva», a cui si aggiungono altre quattro lezioni, «per addetti ai lavori ma non solo», in cui la riflessione sulla scrittura diventa essa stessa un alto esempio di scrittura saggistica, ricca di aforismi e battute fulminanti; dove il confronto con i classici, ancora una volta, ci introduce nella biblioteca e nell’officina dello scrittore, pronti a carpirne i segreti.

    
Genere: Poesie e Critica letteraria
ISBN: 9788804723561
204 pagine
Prezzo: € 19,00
Cartaceo
In vendita dal 25 febbraio 2020

Recensioni

«L'attenzione alle parole, alla loro capacità di rivestire esperienze nuove rivelando aspetti sconosciuti e significati imprevedibili è il punto su cui battono queste lezioni. La differenza tra artificio e tecnica è fondamentale. Come suggerisce il titolo del volume, scrivere non è affatto spontaneo, al pari di nuotare. Chi non ha imparato l'arte del nuoto, scrive Pontiggia, compie una serie di movimenti disordinati che provocano l'annegamento. «Allo stesso modo il linguaggio disordinato si ritorce su chi non sa rielaborarlo».

Cristina Taglietti, La Lettura del Corriere della Sera

«Pontiggia pensa a una "lettura profonda" con la comprensione del contenuto e insieme gli aspetti formali del testo. Leggendo meglio, dice bene Paolo di Paolo, si può sperare di fare passi più sicuri verso la scrittura. Ma quanto diventa difficile oggi, nel mondo digitale che rende oscillanti e volatili tante forme di lettura e ne trasforma altre, incessantemente».

Renato Minore, Il Messaggero



Giuseppe Pontiggia (1934-2003) ha esordito nella redazione della rivista «il Verri» che ha pubblicato, nel 1959, il romanzo breve La morte in banca. Consulente editoriale, editorialista, scrittore, dopo il romanzo sperimentale L'arte della fuga (1968), si è affermato con Il giocatore invisibile (1978), cui è seguito Il raggio d'ombra (1983). A raccolte di saggi di brillante scrittura - Il giardino delle Esperidi (1984), Le sabbie immobili (1991), L'isola volante (1996), I contemporanei del futuro (1998), Prima persona (2002) - ha alternato successi nella narrativa: La grande sera (1989, premio Strega), Vite di uomini non illustri (1993, premio SuperFlaiano), Nati due volte (2000, premio SuperCampiello e Pen Club).



A lezione di scrittura con Giuseppe Pontiggia


Quanto all’annoso quesito, se scrittori si nasce o si diventa, risponderò che linguisticamente è privo di senso. Non ho mai conosciuto nessuno che sia «nato» scrittore. Ho conosciuto alcuni che lo sono diventati dopo un tirocinio molto duro, fatto di tentativi, scacchi, fallimenti, provvisorie esultanze e ricorrenti depressioni. Preziosi anche i collaudi da parte di lettori attendibili, cioè severi e impazienti, consci che stiamo sottraendo loro il bene più prezioso, il tempo, e che stiamo chiedendo la risposta più difficile, quella sincera.


Scrivere è come nuotare:
parola di Giuseppe Pontiggia


Come si diventa scrittori?

Giuseppe Pontiggia, che scrittore lo era, aveva diverse risposte per questa domanda.

Ma una è che sicuramente nessuno lo è dalla nascita. Scrivere è un esercizio che si estende nel tempo, spesso nell'arco di una vita intera, e che è fatto di costante ricerca, paziente affinamento delle proprie capacità, ascolto, lettura del mondo.

Fine intellettuale, illuminista della parola, Pontiggia - a cui si deve l'apertura della prima scuola di scrittura italiana nel 1985 - scrisse romanzi, articoli e saggi, alcuni dei quali dedicati proprio alla scrittura. In questi interventi affrontava il tema con l'approccio del ricercatore e dell'esploratore, perché lui stesso, come scrittore, si considerava sempre in viaggio.

Ed è un viaggio di cui si conosce l'inizio, ma mai la meta ultima.

Le sue lezioni di scrittura, pubblicate a metà degli anni Novanta su due riviste (Wimbledon e Sette), vengono ora raccolte in un unico volume dal titolo Per scrivere bene imparate a nuotare a cura di Cristiana De Santis, docente di Linguistica italiana all'Università di Bologna.
Trentasette lezioni sul senso di scrivere e leggere


Nelle lezioni Giuseppe Pontiggia spiega la propria visione del linguaggio come realtà plastica, una materia che si impara a maneggiare nel tempo, responsabilmente.

Scrivere è prima di tutto consapevolezza dei propri strumenti: come avviene per un artigiano che lavora nel suo laboratorio, si devono conoscere i ferri del mestiere e si deve imparare come usarli. Senza questa coscienza ci si trova come colui che non sa nuotare e che muove braccia e gambe in modo convulso e inconsapevole, non riuscendo a stare a galla.

Dal libro emergono tutte le anime di Pontiggia: lo scrittore, il docente, il redattore, il bibliomane, il conversatore, l'uomo abituato a farsi domande.

Spesso e volentieri, intervistato, risponde "Non lo so" ma poi aggiunge "Non insegno regole, scelgo esempi". Come fanno i veri maestri.

Pontiggia ci insegna, con la teoria letteraria e con il suo esempio diretto, che lo scrittore è la somma di infinite componenti, che per diventarlo davvero dovrà liberarsi dai giudizi e dai pregiudizi, dovrà sfidare le convenzioni e sviluppare un occhio tutto suo, più limpido e chiaro. Dovrà avere il cauto coraggio di chi vede gli ostacoli in lontananza, ma li affronta con coscienza di sé e del mondo. Dovrà liberarsi dalle illusioni senza perdere la fantasia e passare probabilmente per tentativi, scacchi e fallimenti. Ma è solo attraverso la scrittura che vivrà una vita più piena.


Linguaggio, scrittura e lettura si riflettono a vicenda in una continua dialettica e le lezioni sono un utile strumento per capire cosa leggesse Pontiggia.

Un indizio si era già ritrovato in opere come L'isola volante, una raccolta di "Appunti di viaggio”, di divagazioni e perlustrazioni nell’universo dei massimi scrittori del Novecento.

Per usare le parole di Paolo Di Paolo, che firma l'introduzione alla nuova raccolta: 

Piccole dosi di Proust e di Kraus, domande di Rilke e risposte di Braque, pillole di Seneca e di Manzoni, aforismi di La Rochefoucauld e intuizioni di Swift o di Virginia Woolf. Sposta avanti e indietro il cursore sulla linea del tempo, Kafka e Dante si incontrano e si danno la mano, convinti entrambi – come Pontiggia – che scrittori non si nasce.

Il libro condensa una doppia riflessione sull'atto dello scrivere e sui suoi significati.
Tra le righe si leggono anche i richiami alla storia personale e alla produzione di Giuseppe Pontiggia:

- l'amore per i classici, di cui si nutre tutto il suo pensiero, raccontato negli interventi di I classici in prima persona;

- la tensione al racconto della vita, memorabile nella sua ordinarietà, che si ritrova in Vite di uomini non illustri; 

- la sapiente arte di costruire trame che ci aiutino a trovare il senso dell'essere umani come ne L'arte della fuga; 

- la disincantata ironia di un uomo che ha imparato a leggere cosa si cela sotto le cose del mondo.
La stessa ironia brillante de Le sabbie immobili, libro che raccoglie detti, aforismi, definizioni, brevissimi che offrono un ritratto feroce e graffiante della società italiana di fine Novecento. 
Altri Libri

0 commenti: